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La riforma del diritto d’autore nel mercato digitale

I. Recepimento della Direttiva Copyright nell’ordinamento italiano

Il decreto legislativo n. 177/2021, in vigore dal 12 dicembre 2021, recepisce nell’ordinamento italiano la Direttiva UE n. 2019/790 del 17 aprile 2019 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale (c.d. “Direttiva Copyright”).

Si tratta di un pilastro della Strategia per il Mercato Unico Digitale annunciata dalla Commissione nel 2015, che si pone l’obbiettivo di favorire la crescita dell’economia digitale nell’Unione Europea, garantendo ad imprese e consumatori un migliore accesso a beni e servizi digitali. Con particolare riferimento al diritto d’autore, l’obbiettivo dichiarato era quello di adattare le norme vigenti alla nuova economia digitale, armonizzando la disciplina degli Stati Membri.

Per la varietà e la rilevanza dei temi trattati, il decreto legislativo n. 177/2021 ha un grande impatto sulla normativa italiana. Si fornirà di seguito una sintesi delle novità più rilevanti introdotte.

II. I diritti degli editori e le nuove eccezioni al diritto d’autore

  • Il nuovo diritto connesso degli editori e l’equo compenso per l’utilizzo online di pubblicazioni giornalistiche (art. 15 Direttiva; artt. 43 bis l.d.a.)

L’art. 15 della Direttiva ha introdotto in favore degli editori un nuovo diritto connesso al diritto d’autore. Si tratta del diritto esclusivo di autorizzare la riproduzione e la comunicazione al pubblico, tramite il web, delle proprie pubblicazioni di carattere giornalistico.

Il Legislatore italiano ha recepito la norma comunitaria introducendo nella Legge sul diritto d’autore (L. 22 aprile 1941 n. 633, di seguito “l.d.a.”) l’art. 43 bis, il quale obbliga i prestatori di servizi della società dell’informazione[1] a riconoscere agli editori di pubblicazioni giornalistiche i diritti esclusivi di riproduzione e comunicazione (art. 43 bis, c. 1) e a versare loro un equo compenso per l’utilizzo online delle loro opere (art. 43 bis, c. 8). Tali diritti hanno durata di 2 anni, a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data di pubblicazione dell’opera (art. 43 bis, c. 14).

I prestatori di servizi digitali interessati, quali motori di ricerca, piattaforme social e altri aggregatori di contenuti online, dovranno quindi negoziare con gli editori un accordo per l’utilizzo delle opere giornalistiche, incluse foto e video ivi contenuti. Peraltro, una quota compresa tra il 2% e il 5% di tale compenso dovrà essere riconosciuta dagli editori agli autori delle opere (art. 43 bis, c. 13).

Non mancano le esclusioni, come l’uso privato da parte di singoli utilizzatori o l’utilizzo di collegamenti ipertestuali, singole parole o estratti molto brevi, che sono permessi senza bisogno di autorizzazione (art. 43 bis, c. 6).

La negoziazione del compenso dovrà essere condotta tenendo conto dei criteri che saranno stabiliti dall’AGCOM e che includeranno, tra l’altro, il numero di consultazioni online dell’opera, gli anni di attività e la rilevanza sul mercato degli editori, il numero di giornalisti impiegati e i costi e benefici per le piattaforme online e gli editori coinvolti. Inoltre, nel caso in cui le parti non riescano a raggiungere un accordo nel termine di 30 giorni, sarà proprio l’AGCOM, su domanda di una delle stesse, a determinare l’ammontare dell’equo compenso sulla base dei criteri di cui sopra (art. 43 bis, c. 9 e 10). Qualora non sia possibile giungere a un accordo neanche dopo l’intervento dell’Autorità Garante, la parte interessata potrà agire in giudizio innanzi alle sezioni specializzate in materia di impresa (art. 43 bis, c. 11).

Per permettere agli editori di determinare la misura dell’equo compenso, il legislatore italiano ha altresì introdotto degli obblighi di disclosure in capo alle piattaforme online, le quali sono obbligate a mettere a disposizione, su richiesta della parte interessata o dell’AGCOM, ogni dato idoneo allo scopo (art. 43 bis, c. 12).

  • Le nuove eccezioni e limitazioni al diritto d’autore (artt. 3-4 Direttiva; artt. 70 bis – 70 quater l.d.a.)

Le moderne tecnologie consentono l’estrazione e l’analisi automatizzate di grandi quantità di dati digitali, inclusi testi, suoni e immagini (i c.d. Big Data). L’analisi computazionale automatizzata di tali informazioni è definita estrazione di testo e dati (text and data mining) e ha assunto un ruolo centrale nella ricerca scientifica e tecnologica.

Nel caso in cui i dati estratti siano protetti dal diritto d’autore, gli ostacoli legali legati alla necessità di ottenere un’autorizzazione per il loro utilizzo, uniti all’incertezza giuridica dovuta alle diverse normative degli Stati Membri, rischiano di porre un freno all’impulso tecnologico e scientifico.

Per queste ragioni, il legislatore dell’Unione Europea ha previsto alcune eccezioni e limitazioni al diritto d’autore, che l’Italia ha recepito introducendo gli articoli 70 bis e seguenti l.d.a.

Dunque, la legge consente ora espressamente l’estrazione di dati compiuta senza autorizzazione da parte di organismi di ricerca e da istituti di tutela del patrimonio culturale per scopi di ricerca scientifica, purché avvenga da fonti e banche dati cui essi hanno lecitamente accesso. Tale eccezione del diritto d’autore rende lecita anche la comunicazione al pubblico degli esiti delle ricerche basate sui dati estratti tramite il text and data mining. La norma, tuttavia, precisa che tali atti di comunicazione al pubblico sono consentiti soltanto “ove espressi in nuove opere originali” (art. 70 ter l.d.a.).

L’eccezione di cui sopra riguarda soltanto l’estrazione per fini scientifici ed è imperativa (al punto che sono nulle le pattuizioni contrarie). Il legislatore ha però introdotto un’ulteriore limitazione al diritto d’autore che è, tuttavia, applicabile soltanto qualora l’utilizzo delle opere coinvolte non sia stato espressamente riservato dai titolari del diritto d’autore.

Si tratta della norma che consente, in generale, l’estrazione di testo e dati da opere o da altri materiali contenuti in reti o in banche dati cui si ha liberamente accesso. Un’eccezione dai confini molto ampi e destinata a operare di default, a meno che i titolari dei diritti coinvolti non dichiarino il contrario (art. 70 quater l.d.a.).

È stata altresì prevista un’eccezione che consente, ad alcune condizioni, l’utilizzo di opere protette effettuato con mezzi digitali esclusivamente per finalità didattiche, in ogni caso nei limiti di quanto giustificato dallo scopo non commerciale perseguito (art. 70 bis l.d.a.).

III. utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi di condivisione online e obblighi di trasparenza

  • La nuova disciplina sull’utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi di condivisione online (art. 17 Direttiva; artt. 102 sexies – 102 decies l.d.a.)

La nuova disciplina prevede espressamente che i prestatori di servizi di condivisione online effettuano un atto di comunicazione o messa a disposizione del pubblico quando concedono l’accesso a opere protette caricate sul web dai propri utenti (art. 102 sexies l.d.a).

Per rendere accessibili al pubblico opere e materiali protetti, dunque, le piattaforme di condivisione online dovranno ottenere, anche mediante contratti di licenza, l’autorizzazione dei titolari dei diritti d’autore. Tale autorizzazione, per espressa previsione normativa, include anche gli atti compiuti dagli utenti che non agiscono per scopi commerciali e la cui attività non genera ricavi significativi.

Inoltre, in tali ipotesi non si applica il regime di esenzione di responsabilità previsto dal D.lgs. n. 70/2003 per i c.d. hosting service provider. In mancanza di tale autorizzazione, infatti, i prestatori di servizi di condivisione possono essere ritenuti responsabili per gli atti non autorizzati compiuti dai propri utenti, salvo che non dimostrino di aver soddisfatto cumulativamente tre condizioni:

  1. aver compiuto i massimi sforzi per ottenere l’autorizzazione;
  2. aver compiuto i massimi sforzi per assicurare che non siano rese disponibili opere e materiali per i quali hanno ricevuto dai titolari del diritto d’autore le informazioni pertinenti e necessarie;
  3. avere agito tempestivamente, dopo la ricezione di una segnalazione sufficientemente motivata da parte dei titolari dei diritti violati, per disabilitare l’accesso o rimuovere dal proprio sito web le opere o i materiali coinvolti (art. 102-septiesd.a.).
  • Il principio dell’adeguata compensazione e gli obblighi di trasparenza delle piattaforme online (artt. 18-22 Direttiva; art. 107, artt. 110 quater – 110 septies e art. 114 bis l.d.a)

Il Legislatore nazionale – per via dell’art. 107, comma 2, l.d.a. – attribuisce ad autori ed esecutori il diritto a una remunerazione adeguata e proporzionata al valore dei diritti concessi in licenza o trasferiti, nonché commisurata ai ricavi che derivano dal loro sfruttamento. L’adeguatezza del compenso viene considerata alla luce anche delle particolarità del settore di riferimento e dell’esistenza di accordi di contrattazione collettiva.

Tuttavia, la remunerazione può essere determinata in misura forfettaria quando il contributo dell’autore alla realizzazione o all’esecuzione dell’opera abbia carattere meramente accessorio e il calcolo del compenso abbia un costo sproporzionato rispetto allo scopo di garantire un’equa remunerazione. I compensi possono essere raccolti direttamente dai licenziatari o tramite gli organismi di gestione collettiva e le entità di gestione indipendenti.

Ancora, il nuovo articolo 110-quinquies l.d.a. (che recepisce l’art. 20 della Direttiva Copyright) attribuisce agli autori ed esecutori il diritto di chiedere l’adeguamento dei contratti ai propri licenziatari o cessionari al fine di ottenere una remunerazione adeguata ed equa, qualora il compenso inizialmente pattuito si riveli sproporzionatamente basso rispetto ai ricavi derivanti dallo sfruttamento delle loro opere o esecuzioni. La richiesta può essere formulata anche tramite gli organismi di gestione collettiva o entità di gestione indipendente ma, in ogni caso, il meccanismo di adeguamento contrattuale non è applicabile ai contratti conclusi da tali enti. Sono invece fatti salvi i meccanismi di adeguamento contrattuale eventualmente previsti dai contratti collettivi.

Per quanto riguarda i requisiti di trasparenza, il nuovo art. 110-quater, comma 1, l.d.a. (in attuazione dell’art. 19 della Direttiva Copyright) prevede che i licenziatari o cessionari del diritto d’autore e i loro aventi causa sono tenuti a fornire agli autori e agli artisti “informazioni aggiornate, pertinenti e complete sullo sfruttamento delle loro opere e prestazioni artistiche”, almeno su base semestrale. Gli obblighi di comunicazione possono essere adempiuti anche tramite gli organismi di gestione collettiva e le entità di gestione indipendenti.

D’altro canto, i soggetti che ricevono le informazioni sono tenuti alla riservatezza sulle medesime, specialmente con riferimento a dati aziendali e informazioni commerciali sensibili, anche mediante la sottoscrizione di specifici accordi di non-disclosure. In effetti, il Legislatore sottolinea l’esigenza di condurre un bilanciamento tra i principi di proporzionalità ed effettività nell’adempimento dei doveri di trasparenza di cui all’art. 110-quater l.d.a., tenendo anche conto delle specificità di ogni settore (art. 110-quater, comma 2, l.d.a.).

Più specificatamente, le informazioni oggetto delle comunicazioni ai titolari dei diritti dovrebbero riguardare: (i) l’identità di tutte le parti interessate dalla licenza o dal trasferimento dei diritti d’autore, compresi gli utilizzatori secondari; (ii) le modalità di sfruttamento delle opere e delle prestazioni; (iii) i ricavi generati da tale sfruttamento, “inclusi introiti pubblicitari e di merchandising” e la remunerazione contrattualmente dovuta; e (iv) con specifico riferimento ai fornitori di servizi di media audiovisivi non lineari, i numeri di acquisti, visualizzazioni e abbonati.

La nuova disposizione prevede obblighi di comunicazione anche in capo ai sub-licenziatari o sub-cessionari dei diritti, ai quali potranno rivolgersi direttamente gli autori o esecutori al fine di ottenere informazioni aggiuntive qualora la loro prima controparte contrattuale non sia in possesso delle indicazioni richieste dalla legge. Anche in questo caso, l’obbligo di comunicazione potrà essere adempiuto tramite gli organismi di gestione collettiva e le entità di gestione indipendenti (art. 110-quater, comma 3, l.d.a.).

Ciò posto, il Decreto Legislativo fa salva l’applicabilità dei contratti collettivi che già prevedono regole di trasparenza comparabili a quelle previste dall’art. 110-quater, commi 1, 2 e 3, l.d.a. Inoltre, l’art. 110-quater, comma 6, l.d.a, stabilisce che, per quanto riguarda gli obblighi di trasparenza, agli organismi di gestione collettiva e alle entità di gestione indipendente si applica l’art. 24 del d.lgs. 15 marzo 2017, n. 35, il quale impone a tali enti di fornire, con cadenza almeno annuale, le seguenti informazioni ai soggetti ai quali hanno distribuito proventi: (i) identità del titolare; (ii) ricavi maturati e ricavi dovuti per ogni categoria di diritti e tipo di utilizzo; (iii) periodo di utilizzo dei diritti; (iv) commissioni di gestione e altre spese dedotte dai ricavi; (v) eventuali ricavi ancora da distribuire.

Il Legislatore ha anche previsto un sistema di sanzioni in caso di mancato rispetto degli obblighi di comunicazione sopra descritti. In primo luogo, il mancato adempimento determina una presunzione di inadeguatezza del compenso previsto in favore dei titolari dei diritti ai sensi dell’art. 107, comma 2, l.d.a. Si tratterebbe, secondo quanto indicato nella Relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo, presentata alle Camere il 7 agosto u.s., di una presunzione assoluta (iuris et de iure). In secondo luogo, l’Autorità Garante delle Comunicazioni (AGCOM) vigila sull’adempimento dell’art. 110-quater l.d.a. e può imporre sanzioni pecuniarie fino all’1% del fatturato.

Il ruolo dell’AGCOM rileva anche con riferimento alla risoluzione delle controversie inerenti agli obblighi di trasparenza e al meccanismo di adeguamento contrattuale di cui all’art. 110-quinquies l.d.a. Le parti, infatti, potranno rivolgersi all’AGCOM, la quale risolverà la controversia entro 90 giorni, secondo una procedura da definire mediante un apposito regolamento che l’ente adotterà entro 60 giorni dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo. È fatta in ogni caso salva la facoltà di adire l’autorità giudiziaria.

In aggiunta, eventuali deroghe alle disposizioni sopra descritte non sono opponibili agli autori ed esecutori. Anzi, gli obblighi di trasparenza e il meccanismo di adeguamento contrattuale sono qualificate espressamente come norme di applicazione necessaria ai sensi dell’art. 3, comma 4, del Regolamento 593/2008/CE (“Regolamento Roma I”).

Infine, oltre agli obblighi di trasparenza, l’art. 110-septies l.d.a. (che recepisce l’art. 22 della Direttiva Copyright) dispone che, in caso di mancato sfruttamento dei diritti concessi in esclusiva, l’autore o esecutore può agire per la risoluzione, totale o parziale, del contratto, secondo quanto previsto dal Codice Civile, ovvero revocare l’esclusiva. Lo sfruttamento dei diritti concessi in esclusiva dovrà quindi avvenire entro il termine definito nel contratto – in ogni caso non superiore a 5 anni o 2 anni dalla disponibilità dell’opera – ovvero, in mancanza di un termine contrattuale, di quello indicato dal titolare dei diritti.


[1] Ossia qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi, ai sensi del D.lgs. n. 223/2017.